…un pennellino delicatamente asporta l’eccesso di lamina d’oro su una copertina rossa, in pelle, rivelando due parole stampate all’interno di una cornicetta tonda: Little Women. Inizio dal fondo, ma è il momento più emozionante per uno scrittore: quando l’editore gli consegna il frutto del suo duro lavoro, e può accarezzarne il profilo, sentirne l’odore, stringerlo tra le proprie mani, come un figlio appena nato. Possiamo solo immaginare quanto questo abbia avuto significato nella vita della sua autrice.
Era il 1868 quando Louisa May Alcott pubblicò il suo primo successo, il suo primo uovo d’oro, come lo definì lei stessa. Il primo gennaio del 1869 veniva completato da Good Wives, per noi Piccole donne crescono, riuniti in un unico volume solo nel 1880. A 150 anni da quel gennaio Greta Gerwig, giovane regista statunitense, ci regala un remake che è a dir poco meraviglioso.
Meraviglioso per la scenografia, sempre così pertinente, ricca di dettagli, fedele all’epoca. Lo è per la fotografia, i colori, i costumi, le acconciature, i mezzi di trasporto, gli interni e gli esterni. Lo è per fedeltà al testo della Alcott. Lo è per quella serie di dettagli che la regista ripone in Jo e che trasmettono momenti, vissuti, preoccupazioni e rivincite che furono della sua stessa creatrice.
Eccellente la ricerca di dettagli della costumista Jacqueline Durran, candidata all’oscar, ispirata nella realizzazione degli abiti da dipinti e ritratti dell’epoca di artisti quali Winslow Homer, Cyrus Johnson, Seymour Joseph Guy, Dante Gabriel Rossetti.
La scelta degli attori è impeccabile: ottimi tutti nel rappresentare il carattere e le aspettative del proprio personaggio senza mai tradire l’intento dell’autrice. Non deludono i lettori che conoscono a menadito le loro vite, che sognavano di veder uscire dal libro i loro amati compagni di avventure: Meg, Beth, Jo, Amy, Laurie e tutti gli altri. Voltare l’ultima pagina del libro e veder scorrere i titoli di coda e le luci in sala riaccendersi hanno provocato lo stesso stato emotivo di qualcosa finito troppo presto.
Carrozze, valigie in pelle, bauli in soffitta, mani sporche d’inchiostro, candele, pennini e calamai, acquerelli e tele, ferri caldi per i capelli, nastri e corone fiorite, abiti gonfi per la festa, pattini, lacrime e sorrisi, partenze e ritorni, lettere, fogli sparsi… tutto continua a girare nella mia mente.
Ma più che altro lei, Jo.
Esuberante, caparbia, sognatrice, sempre pronta a lasciarsi indietro per il bene degli altri, ma anche terribilmente fragile. Maschera il dolore e le delusioni dietro un mezzo sorriso e un nuovo scritto, nasconde i suoi capelli corti sotto un berretto per poi piangere di notte quando la fierezza della sua buona azione non le basta più. Nella sua rabbia c’è quella di un’epoca, abitata da donne che non possono firmare i propri libri, gestire la propria eredità o avere alcun titolo nell’educazione dei propri figli. Louisa lo sapeva bene e lo viveva. Lei come Jo hanno lottato per questo, hanno creduto e dichiarato che ogni donna, oltre alla propria bellezza, ha propri pensieri, un’anima, molte ambizioni. Jo, con le lacrime agli occhi e piena di rabbia, confesserà a sua madre di essere stufa di sentirsi dire che l’amore è l’unica salvezza per una donna, è tutto ciò a cui può ambire: un buon matrimonio e nulla più. Amy, a sentir Zia March nella strepitosa interpretazione di Meryl Streep, è l’unica speranza per poter salvare la famiglia con un prestigioso e ricco matrimonio.
Ecco… se mi sono sempre identificata in Jo per il suo carattere anticonformista e per la sua passione per la conoscenza, la scrittura ed il mondo dei libri, l’altra sera al cinema ho visto negli occhi della giovane e talentuosa Saoirse Ronan, quella stessa rabbia che talvolta, a distanza di più di un secolo, la società ancora fa nascere nelle Josephine March di oggi, quelle stesse parole che spesso rimbalzano nelle nostre menti e che talvolta escono in un alito di voce…
L’animo in fibrillazione quando, con un gesto coraggioso, contratta con l’editore e decide di tenersi i diritti d’autore. Credere in sé stesse. Questo ci ha sempre insegnato Jo… questo voleva dirci Louisa dipingendo in fondo i caratteri di tutte le Piccole Donne del mondo, ciascuna con il suo sogno e le sue aspettative, che come dice Meg, se non sono uguali alle tue non significa che siano sbagliate.